Cosa vuol dire vivere con la Fibromialgia? L’intervista a Federica Vinci

Cosa vuol dire vivere con la Fibromialgia? L’intervista a Federica Vinci

di Michela Salzillo

Immaginate di camminare tra la folla, di urlare, senza che nessuno si accorga di voi.  Qual è la sensazione che vi pervade? Bene, ascoltatela! Perché quello che state sentendo in questo momento, è solo una piccolissima simulazione di ciò che un malato cronico vive ogni giorno.

Dolore costante, esclusione sociale, delegittimazione, ricerca spasmodica di un sollievo e di una cura che non esistono: sono tutte realtà familiari a chi convive con una patologia cronica e invisibile.

Negli ultimi anni, tra le tante, la Fibromialgia sta imponendosi, come mai prima, fra le diagnosi più diffuse del nostro Paese. Secondo stime parziali aggiornate al 2023, in Italia, sono circa 2milioni i casi di Fibromialgia comprovati da diagnosi certa.

Si tratta, però, di risultati poco attendibili sotto il profilo della stabilità e della continuità, in quanto, spesso, chi soffre di questa malattia non viene preso sul serio.

Personale medico poco qualificato, scarsa attitudine all’ascolto del corpo, talvolta anche da parte del paziente, che viene educato in maniera errata alla “sopportazione” del dolore come fosse cosa normale, incidono inevitabilmente sui tempi della diagnosi, che per la Fibromialgia oscilla dai 5 agli 8 anni, con tutte le variazioni soggettive del caso.

Da un recente studio israeliano, pubblicato su Plos One, si apprende un’altra specifica importante sull’argomento. Ossia che la Fibromialgia sembra essere, ad oggi, una delle conseguenze più frequenti del Covid – 19: stando ai dati rilevati dallo studio scientifico, si tratterebbe di una patologia sviluppata dal 15% dei pazienti ricoverati per l’infezione; percentuale destinata a salire al 26% nei soggetti di sesso femminile. La malattia, però, non è un numero: dietro queste cifre ci sono persone con vite spesso distrutte.

Ed è per questo che cosa significhi vivere con la Fibromialgia, abbiamo deciso di farvelo raccontare direttamente da chi lo prova sulla propria pelle.

Diamo dunque il benvenuto a Federica Angelica Vinci, classe1992, paziente fibromialgica originaria di Cagliari e attualmente residente  a Cadrezzate con Osmate, in provincia di Varese.

Innanzitutto, grazie Federica per aver accettato il nostro invito. Sappiamo che esporsi non è sempre facile… Partiamo subito dalla tua storia. Ti va di raccontarci com’ è cominciato “il tuo rapporto con la Fibromialgia?”

Grazie a voi! Sì, è proprio così! Mettersi a nudo non è sempre facile, ma in alcuni casi diventa necessario… La mia “avventura” con la Fibromialgia è iniziata circa 5 anni fa, quando un giorno mi sono alzata con un fortissimo dolore a un piede. Inizialmente, non ci ho fatto troppo caso.

Avendo alle spalle tanti anni di sport, ho associato il dolore a qualche vecchio malanno. Tuttavia, a mano a mano, i dolori sono aumentati e diventati ingestibili. Fortunatamente ho avuto un bravissimo medico di base che mi ha indirizzato subito sulla strada giusta, ma non è così per tutti, purtroppo.

Oggi, alla Fibromialgia si sono aggiunge altre diagnosi, anche se il mio quadro non è ancora completo e sono in attesa di alcune risposte.

In che modo la malattia incide sulla qualità della tua vita?

La mia vita è totalmente cambiata, e vivere con il dolore cronico non è per niente semplice. Convivere con la Fibromialgia che, oltre al dolore  diffuso tra muscoli e articolazioni, è caratterizzata da una moltitudine di sintomi e stanchezza disarmante, non è facile.

Tutto questo, impatta sia sul tuo fisico che sulla tua mente e ti costringe a rivoluzionare totalmente la tua vita, la tua quotidianità e il tuo futuro. In generale, la cosa più complicata di convivere con delle patologie croniche, caratterizzate da dolore cronico e non solo, è l’imprevedibilità, la difficoltà di non poter prendere impegni, fare piani, programmare in anticipo le tue giornate o anche soltanto  pensare di uscire per una passeggiata.

Patologie come la Fibromialgia, oggi, vengono identificate come “disabilità dinamiche”, in quanto sono malattie invisibili esternamente ma molto invalidanti:  i sintomi possono variare di giorno in giorno, o addirittura da minuto a minuto… potete immaginare quanto tutto questo impatti sulla vita dell’individuo e di chi gli sta intorno.

Qual è lo stereotipo più comune con cui una persona con malattia cronica deve fare i conti?

Sicuramente ci sentiamo spesso dire frasi come: “ti vedo bene”, oppure  “ma sei giovane per stare così male”. Succede perché, come dicevo prima, numerose patologie, tra cui anche la Fibromialgia, sono “invisbili”, nel senso che non presentano segni evidenti della malattia all’esterno.

Inoltre, ancora troppe persone, sono convinte che alcune patologie colpiscano esclusivamente in età avanzata; in realtà numerose malattie croniche non fanno alcuna differenza di età, colpendo anche i bambini, spesso.

Che poi, concedetemelo, se guardaste bene le nostre patologie, vi accorgereste che sono visibili eccome!

Nel caso di malattie croniche, come stesso tu ci stai facendo capire, il sintomo più invalidante è il dolore: come lo gestisci durante le tue giornate?

Partendo dal presupposto che non esiste una cura per la Fibromialgia, ma solo terapie palliative per la gestione dei sintomi, sicuramente la mia terapia farmacologica mi aiuta nella gestione del dolore.

Tuttavia non c’è giorno in cui il dolore non sia presente, anche se attutito dai farmaci; spesso però, non puoi far altro che stenderti a riposare, sperando che il dolore passi.

Una cosa molto importante, anche se è difficile da accettare, è prendersi del tempo per sé e ascoltare il proprio corpo, rispettando il proprio ritmo e i propri tempi, considerando che i nostri tempi sono differenti da quelli della società che ci circonda.

Qual è, oggi, il tuo rapporto con i medici? Sei mai stata vittima di Gaslighting?

Dopo aver cambiato numerosi specialisti e vari ospedali, ora mi trovo abbastanza bene con chi mi segue, anche se non è mai semplice trovare dei medici preparati a gestire le nostre situazioni, sia a livello terapeutico che da un punto di vista umano.

Purtroppo sì, mi è capitato di subire Gaslighting  medico.  Proprio di recente mi sono imbattuta in uno “specialista” che, nonostante gli avessi parlato dei miei dolori e dei miei forti sintomi invalidanti, ha sottovalutato la situazione consigliandomi di “andare a fare sport e di andare a lavorare”, facendo intendere che io fossi semplicemente una scansafatiche.

Inutile dirvi che ho dovuto rifare la visita e cambiare medico…

Perché, secondo te, è ancora così difficile trovare dei medici che siano effettivamente preparati sul tema delle malattie croniche?

Il malato cronico è un paziente complesso! Visto che spesso sono numerose le patologie che lo colpiscono e ognuna di queste ha sintomi diversi, ci sarebbe necessità di un approccio multidisciplinare con spiccate  competenze.

In Italia, purtroppo per noi,  tutto questo è utopia, in quanto ogni medico lavora per compartimenti stagni, senza collaborare e dialogare con altri specialisti.

Inoltre, vista anche la società e l’epoca storica in cui viviamo, vige la non curanza, la mancanza di rispetto e la mancanza di empatia, spesso anche da parte del personale medico.

Per non parlare di problematiche legate al dialogo medico-paziente, alla mancanza di fondi per la ricerca (soprattutto per determinate patologie) e ai continui tagli sulla Sanità.

Essere una paziente di sesso femminile, credi incida nella valutazione sintomatologica e sui tempi della diagnosi?

Nella mia esperienza personale, non ho mai percepito, fortunatamente, grandi differenze da questo punto di vista; tuttavia ho raccolto numerose testimonianze su questa tematica e su quanto sia difficoltosa una diagnosi per determinate patologie, soprattutto quelle che interessato il mondo femminile.

Qual è il sentimento che provi più spesso durante la giornata?

Sicuramente la tristezza, perché comunque la patologia ti costringe a cambiare, come dicevo, ad accettare una nuova te, ad accettare dei nuovi limiti, ad accettare tante cose…

Penso che ogni malato cronico abbia terribilmente paura per il futuro. Uno dei tanti motivi è dato dal fatto che, nei casi di patologie come la Fibromialgia appunto, non esiste ancora l’inserimento nei  LEA (Livelli Essenziali d’Assistenza n.d.r)  e quindi non sono malattie riconosciute dallo Stato.

In questo caso, perciò, il malato deve anche affrontare la mancanza di tutele per studio /lavoro e i problemi economici legati alle spese mediche, che sono totalmente a carico del paziente.

Per non parlare del fatto che molti di noi non riescono a studiare e/o lavorare, per via dei dolori o dei medicinali che siamo costretti a prendere per tenere “a bada” le malattie.

Su Instagram gestisci una pagina a scopo di sensibilizzazione. In che modo questo ti aiuta?

Ho deciso di aprire la pagina “Racconti in foglia” per sensibilizzare su quelle patologie invisibili di cui, purtroppo, si parla davvero troppo poco.

Inizialmente era nata come semplice pagina informativa, volevo far conoscere un po’ di più il mondo invisibile di queste patologie; ma poi mi sono accorta che più parlavo di malattie invisibili, più entravo in contatto con  realtà e persone che le stavano vivendo; che ogni giorno combattevano e combattono tutt’ora in silenzio. Se da una parte potevo sorridere non considerandomi più sola, dall’altra parte mi dispiaceva ancora di più, perché i malati invisibili sono in continua crescita e molto più di quanto si creda.

Far parte di una community ti fa sentire meno solo; condividere le proprie esperienze, darsi consigli, supportarsi e poter parlare liberamente, è essenziale per tutti noi malati invisibili.

Inoltre, tutto questo, ci permette di creare una rete di sostegno che ci aiuta anche dal punto di vista della salute mentale, cosa che pur essendo una priorità, purtroppo viene sottovalutata.

Concludiamo con un  consiglio per i malati cronici con diagnosi e uno per quelli che, purtroppo, ancora non ne hanno una, ti va?

Beh, a chi ancora non ha una diagnosi mi sento di dire questo: anche se il tuo dolore e la tua sofferenza non hanno un nome, sono validi ed esistono.

Se invece sei tra quelli che hanno  dato un nome al tuo dolore, ricordati che non è colpa tua e che solo tu sai quello che provi!  Ascoltati e cerca di non ascoltare cosa dicono gli altri, anche se so che è difficile.

Che tu abbia una diagnosi o meno, ricorda sempre che non sei sola/o.